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Le case farmaceutiche scoprono la CSR..

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Messaggio  Dott. Claudio Cingolani Dom Mag 18, 2008 7:49 pm

Tratto dal sito www.vita.it pubblico una notizia riguardante la scoperta da parte delle case farmaceutiche della CSR ovverosia della Resposansabilità Sociale di Impresa. Il dubbio è: saranno veramente buone intenzioni oppure solo una diversa e più sofosticata politica di marketing? Non ci resta che osservare e soprattutto vigilare...

Farmaci: Csr spinge la performance delle aziende

I risultati di un'indagine della Fondazione Icsr
Fare profitto nel rispetto delle problematiche sociali e ambientali e' possibile, anche per l'industria farmaceutica. I dati delle agenzie di rating dimostrano infatti che "spesso le performance azionarie delle aziende" di ogni settore "particolarmente attive sul fronte della responsabilita' sociale sono migliori", rispetto a quelle delle societa' meno attente in questo campo. E' il messaggio lanciato oggi a Milano da Alberto Martinelli, ordinario di Scienza della politica all'universita' degli Studi cittadina e membro del comitato scientifico della Fondazione I-CSR per la diffusione della responsabilita' sociale delle imprese. Il docente e' intervenuto a un seminario organizzato da I-CSR alla Statale milanese sui rischi di conflitto di interesse fra 'attori' della ricerca scientifica.
"In questi anni - spiega l'esperto - abbiamo assistito a una profonda trasformazione del concetto di impresa che oggi, oltre a dover fare profitto, ha anche il dovere di rispondere alle legittime pretese di vari interlocutori: dai dipendenti ai consumatori, dai fornitori alle comunita' locali". Un aspetto che "nell'ambito della ricerca biomedica ha una specificita' del tutto particolare, considerando che la salute non e' un bene qualunque", sottolinea Martinelli. Fra i 'policy paper' redatti da I-CSR, nel febbraio 2008 Alessandro Zollo della Fondazione ha firmato quindi una pubblicazione sul conflitto d'interesse nel Big Pharma.
Nel paper si ricorda come "i due terzi della ricerca realizzata in Italia sono finanziati da industrie farmaceutiche", e che "il 95% dei giornalisti di settore avverte conflitto d'interesse, ma solo il 31% si sente coinvolto" in prima persona. Una questione complessa, discussa oggi da esponenti della ricerca, dell'industria, della stampa e dei consumatori. In particolare, da questi ultimi arriva l'auspicio che "la responsabilita' sociale non diventi un nuovo strumento di marketing", evidenzia Luisa Crisigiovanni, direttore generale dell'associazione Altroconsumo.
Zollo raccoglie e documenta alcuni esempi di conflitto di interesse emersi in campo farmaceutico negli ultimi anni. Dal noto 'caso Vioxx' alla storia di Nancy Olivieri: ricercatrice canadese licenziata dall'universita' in cui operava per aver comunicato alcuni possibili rischi di una nuova molecola che stava sperimentando, e che solo dopo 6 anni di processo e' riuscita a tornare al lavoro. Diverse sono le forme in cui il conflitto di interesse in questo settore puo' declinarsi, elenca l'esperto: da un lato c'e' il finanziatore, dall'altro ci possono essere ricercatori, reviewer di riviste scientifiche o giornalisti. Ma il conflitto puo' anche riguardare il 'triangolo' finanziatore-ricercatore-analista finanziario. "Aumentano infatti le cosiddette societa' 'match.com' - sostiene Zollo - con lo scopo di mettere in contatto, previo compenso, analisti e ricercatori". Questi ultimi "non possono ovviamente rivelare agli analisti i dettagli di ricerche non ancora pubblicate - puntualizza l'esperto - ma e' labile il confine tra cosa si puo' dire e cosa no" e a volte agli scienziati sfugge qualche notizia 'sensibile'. Si stima che "il 10% dei 700 mila medici degli Stati Uniti hanno siglato contratti come consulenti di societa' 'match.com' - prosegue Zollo - e i compensi registrati vanno da 200 a 1.500 dollari l'ora".
Gli analisti 'premono' per ottenere informazioni circa potenziali brevetti, scoperte o finanziamenti, e quando le ottengono "possono avere un impatto enorme sull'andamento dei titoli delle aziende farmaceutiche finanziatrici". Facendoli volare alle stelle, o precipitare alle 'stalle': "20% e' per esempio il valore azionario perso in una sola giornata dalla societa' biotecnologica Jim Greenwood nel momento in cui gli analisti hanno saputo che una ricerca non aveva prodotto il risultato sperato", riferisce il paper Da tutti questi episodi deriva l'opportunita' di risolvere i possibili conflitti di interesse nel mondo farmaceutico.
"Innanzitutto perche' prevenire e' meglio che curare - dice Zollo - ma anche perche' un danno derivante da un conflitto d'interesse fra un'impresa e i suoi interlocutori mina la fiducia dei pazienti e degli interlocutori stessi nei confronti di tutto il sistema". Via libera dunque a una maggiore trasparenza di rapporti e alle iniziative di responsabilita' sociale. Ma non per recuperare 'punti' a danno gia' fatto, tentando di limitare gli effetti negativi del conflitto smascherato, bensi' "a monte", invita Zollo. Dal canto suo, Big Pharma lancia un appello contro i luoghi comuni. "Troppo spesso si parte dal presupposto che il conflitto di interesse sia un dato di fatto -riflette Angelo Zanibelli, direttore comunicazione e relazioni istituzionali di Sanofi-Aventis- Cosi' si rischia il processo alle intenzioni", incalza, facendo notare che "l'etica d'impresa si fonda innanzitutto sull'etica dei singoli individui".
Concorda Angela Bianchi, responsabile comunicazione di Novartis in Italia: "E' un problema di trasparenza", afferma. Aggiungendo che in tal senso "il farmaceutico e' uno dei settori in assoluto piu' regolamentato di tutta l'industria", e che negli sforzi atti a migliorare le condizioni di salute dei cittadini "le aziende farmaceutiche vanno considerate in primo luogo come dei partner". Alleati, non 'nemici' per definizione. Come in ogni settore, anche in quello farmaceutico "il caso 'patologico' ci puo' essere - ammette il direttore generale di Farmindustria, Enrica Giorgetti - Ma sarebbe sbagliato generalizzare il singolo episodio", conclude.

Dott. Claudio Cingolani

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