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Il consumo critico

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Messaggio  Admin Ven Mag 16, 2008 9:42 am

L'unica leva che può "obbligare" le imprese ad assumere un atteggiamento diverso, etico, sono quei consumatori che acquistano con la consapevolezza del proprio potere è il consumo critico.

La Responsabilità Sociale delle imprese riguarda diversi ambiti (aziendali e non): dal rapporto con i consumatori, all'impatto sull'ambiente, alla sperequazione esistente tra le economie povere e quelle ricche.

È facile quindi che riguardo ad un tema così ampio, dibattuto ed allo stesso tempo "delicato", si creino potenziali situazioni ed ambiti di disaccordo tra il mondo della produzione (aziende) e quello del consumo.
In più, possono esistere anche altre situazioni di potenziale conflitto, laddove l'atteggiamento delle persone che lavorano in azienda differisca dalle politiche aziendali. Infatti più che le regole, le procedure e le politiche aziendali, spesso contano gli atteggiamenti, il "fare" quotidiano delle persone che lavorano in azienda.

Dobbiamo inoltre tener conto che l'atteggiamento dei consumatori, nel corso degli ultimi anni, è diventato decisamente più attento, critico e quindi sensibile alle tematiche sociali. Se da un lato i consumatori sono disposti a premiare le aziende che si sono distinte per l'impegno sociale (riconoscendo un maggior valore, ai loro prodotti) dall'altro sono meno tolleranti verso quelle aziende che, nel loro operato, si dimostrano essere socialmente meno "attente".

L'unico driver o leva che può "obbligare", guidare, le imprese ad assumere un atteggiamento diverso, etico, sono quei consumatori che acquistano con la consapevolezza del proprio potere e che si pongono in una posizione contrattuale con le imprese tale da indurre quest'ultime a comportamenti più corretti.

Gli strumenti a disposizione dei consumatori che decidono di esercitare attivamente il loro potere, incidendo sui profitti delle aziende giudicate non etiche sono il consumo critico, le campagne di pressione ed il boicottaggio.

Il consumo critico consiste in un atteggiamento di scelta sui prodotti acquistati quotidianamente, non solo in base al prezzo od alla qualità, ma anche in base ad altri indicatori, relativi all'eticità del comportamento aziendale. Il consumo critico ricerca consapevolmente ed esclusivamente prodotti il provenienti da aziende che:

adottano sistemi di produzione che non nuocciono all'ambiente ed alla salute dei consumatori,
si sono distinte per l'impegno in campo sociale e per l'attenzione nei confronti delle condizioni di lavoro dei propri dipendenti
Rientra nelle azioni tipiche del consumo critico anche il GAS (Gruppo di Acquisto Solidale). Chi ha dimestichezza con la spesa di casa, avrà senz'altro notato il fiorire di prodotti e negozi cosiddetti alternativi, rispetto ai normali prodotti e canali di acquisto. Un gruppo di acquisto diventa solidale nel momento in cui decide di utilizzare il concetto di solidarietà come criterio guida nella scelta dei prodotti.

Solidarietà che parte dai membri del gruppo e si estende ai piccoli produttori che forniscono i prodotti, al rispetto dell'ambiente, ai popoli del sud del mondo e a coloro che, a causa della ingiusta ripartizione delle ricchezze, subiscono le conseguenze inique di questo modello di sviluppo.

Ogni GAS nasce per motivazioni proprie, spesso però alla base vi è una critica profonda verso il modello di consumo e di economia globale imperante, alla ricerca di una alternativa praticabile da subito. I GAS sono quindi delle unioni di consumatori che hanno scelto una via "etica" all'acquisto.

In definitiva il consumo critico mira a far cambiare l'atteggiamento dell'azienda usando le loro stesse regole del gioco (domanda ed offerta). Scegliendo cosa comprare e cosa scartare, il consumatore indica all'azienda quali sono i "comportamenti" approvati e quali quelli condannati.

Le campagne di pressione rappresentano un ulteriore passo avanti organizzativo e presuppongono l'intervento di più soggetti vista la loro implicita complessità. Il loro fine ultimo è l'informazione e per far si che questa sia la più completa ed efficace possibile, generalmente presuppongono un lungo lavoro di ricerca e verifica.

La fase successiva è la "campagna di pressione" vera e propria, che consiste nell'organizzazione di campagne di opinione pubblica in cui si chiede all'impresa, all'istituzione, talvolta a un Ente Governativo, di cambiare un comportamento che è stato valutato come scorretto o comunque non "etico". Gli strumenti più usati sono: invio cartoline; email; organizzazione di banchetti e tende informative aventi il duplice scopo di informare e raccogliere adesioni e fondi; azioni cosiddette di strada, come quelle messe in atto da Organizzazioni quali Greenpeace, che hanno un forte impatto mediatico.

Il boicottaggio, inteso come "strumento democratico", ed efficace, che i consumatori hanno a disposizione per costringere le Aziende ritenute non etiche a rivedere il proprio comportamento, è invece una scelta più radicale, decisa e mirata su un prodotto od azienda specifica. Esso consiste nella interruzione volontaria, temporanea, dell'acquisto di prodotti , generalmente accompagnata da una intensa campagna stampa, avente il fine ultimo di far desistere le aziende dalla adozione di certe politiche aziendali.

Le campagne di boicottaggio sono difficili; alcune di queste non raggiungono l'obiettivo per tantissimi anni ed ormai i grandi gruppi economici riescono ad reagire in maniera rapida, formando cartelli in settori vitali come quello farmaceutico, agro-alimentare o delle comunicazioni, al fine di contenere e limitare l'efficacia di dette campagne.

L'esperienza, comunque, dimostra che dove i consumatori si fanno sentire, le imprese sono disposte a cambiare, non perché si convertono all'ambiente o alla giustizia, ma perché non vogliono perdere quote di mercato. La pressione dei consumatori e dell'opinione pubblica ha indotto multinazionali famose come Del Monte, Levi's e Reebok ad adottare un codice di comportamento per il rispetto dei lavoratori. In Europa, realtà consolidate quali Coop ed Ikea, hanno deciso di vendere solo prodotti di aziende che garantiscano il non utilizzo di lavoro minorile, ed in generale il rispetto dei lavoratori.

Appare chiaro che questa consapevolezza, del nuovo ruolo dei consumatori, si sta configurando come un fenomeno sempre più esteso, che va ben oltre la nicchia del prodotto biologico o del turismo solidale. Il consumo critico testimonia il diffondersi di una logica di crescente responsabilizzazione nell'atto di acquisto e che oggi si esprime in comportamenti sempre più definiti e concreti, anche sotto il profilo della sanzione.

Il fatto che il consumatore non si limiti semplicemente a penalizzare o premiare i comportamenti delle aziende - acquistandone oppure no i prodotti - è indice di un'evoluzione delle scelte di acquisto verso un processo di valutazione sempre più complesso, in cui il peso delle variabili immateriali è divenuto sempre più crescente: il prodotto, il servizio, il marchio stesso di un'azienda non rappresenta più solo la qualità finale del prodotto, ma sempre più ciò che ci è a monte, ovvero ciò che l'azienda rappresenta, comunica, promette, ma soprattutto fa.
Fonte:http://contenuto.monster.it/5483_it_p1.asp

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