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Messaggio  Admin Dom Mag 31, 2009 11:52 pm

Ogni anno nel mondo vengono sottoposti alla vivisezione circa 300 milioni di animali. In Italia sono 1 milione (fonte Gazzetta Ufficiale), anche se il numero di animali potrebbe essere maggiore, dal momento che non sempre viene dichiarato il numero effettivo.

Solo il 30% degli esperimenti riguarda la medicina, compresi gli esperimenti di parabiosi, in cui due o più animali vengono cuciti insieme per formare gemelli siamesi ed altri come quelli compiuti dal trapiantatore di teste di scimmie Robert White. Il restante 70% riguarda esperimenti per testare prodotti cosmetici, industriali (detersivi, saponi, inchiostri, ecc.), bellici (gas tossici, radiazioni nucleari, armi batteriologice, nuovi proiettili, ecc.), per prove psicologiche comportamentali, oppure per qualsiasi altro esperimento che permetta al ricercatore di raggiungere una qualsiasi “cognizione scientifica”.
L’anestesia non viene sempre praticata e spesso dura solo una parte dell’esperimento. Se l’effetto dell’anestetico durasse anche per tutto l’esperimento, l’animale sottoposto soffrirebbe comunque in seguito all’operazione e il dolore si protrarrebbe per molto tempo. In ogni caso la sofferenza per gli animali incomincia già negli tabulari dei laboratori. Infatti solitamente sono tenuti in stanze prive di finestre e alloggiati in gabbie di dimensioni molto ridotte e con grate metalliche sul fondo al fine di facilitarne le pulizie. Non sono rari episodi di automutilazioni come è successo all’Istituto Superiore di Sanità, dove almeno una scimmia è arrivata ad automutilarsi a causa dello stress.

Cos’è che spinge i ricercatori ad utilizzare gli animali negli esperimenti di vivisezione?
Innanzi tutto bisogna dire che gli esperimenti sugli animali rappresentano un facile sistema per fare carriera, attraverso resoconti e pubblicazioni di esperimenti che nei concorsi vengono notevolmente valutati. Di conseguenza queste pubblicazioni porteranno pubblicità e consentiranno ai ricercatori di avvalersi dei sussidi finanziari (denaro pubblico) messi a disposizione dai vari Consigli Nazionali di Ricerca.


L’industria farmaceutica

La vivisezione è purtroppo la forma più comune per le prove di tossicità ed efficacia dei farmaci sebbene questi test, obbligatori per legge, abbiano valore nullo (addirittura fuorviante) nel contesto della sicurezza per l’uomo.
Una delle prove più comuni per verificare il grado di tossicità di un farmaco è quella della LD 50 (Dose Letale 50%). Per ogni prova vengono utilizzati tra i 50 e i 60 animali a cui viene introdotta a forza nello stomaco una sostanza per verificare quanta ne occorre per uccidere la metà degli animali. Questa sostanza può anche essere fatta inalare sotto forma di gas: in questo caso si parla di LC50 (concentrazione letale 50%). Gli animali vengono lasciati soffrire fino a 2 settimane, nel corso delle quali accusano i seguenti effetti: vomito, diarrea, sanguinamento dagli occhi o dalla bocca, spasmi, convulsioni, soffocamento.
Con questo sistema si cerca, basandosi sul peso corporeo, di determinare la dose ottimale sicura per l’uomo.
Gli stessi studi hanno dato prova dell’inutilità di tale esperimento, il quale ha valore nullo, se non addirittura fuorviante, per la sicurezza dell’uomo. Infatti le prove LD 50 dipendono da età, sesso, specie utilizzata (addirittura i risultati cambiano utilizzando diversi ceppi della stessa specie), dieta, stato di salute, stabulazione e temperatura ambientale. Ogni specie animale (compreso l’uomo) reagisce sempre in modo totalmente diverso dalle altre specie.
Questo è un concetto ormai riconosciuto da tutto il mondo scientifico internazionale e che rende impossibile e inutile ogni estrapolazione di dati da una specie animale all’altra.
Lo dimostra la seguente tabella basata su esperimenti di LD50 che non permettono certo di prevedere quale dose potrà essere quella relativa all’uomo viste le diversità nelle specie analizzate:
Formaldeide (LD50)
Animale
Ratto 800 mg/Kg
Cavia 260 mg/Kg
Topo 42 mg/Kg
Queste rappresentano le dosi per ogni Kg di peso corporeo sufficienti ad uccidere il 50% degli animali presi in esame.
Tutto questo poco importa alle ditte farmaceutiche, le quali si servono di tale metodo per ottenere l’autorizzazione a riversare sul mercato moltissimi prodotti, spesso sempre gli stessi, in nuove combinazioni e sotto nomi diversi.
I preparati attualmente in uso sono più di 150.000. Ogni anno 15.000 nuove combinazioni invadono il mercato e 12.000 vengono ritirate. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci informa che solo 200 tra farmaci e vaccini possono essere considerati veramente indispensabili.

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